Lo spuntino di mezzanotte quando mio figlio ha poca fame.

Il poca fame è un eufemismo.

Mio figlio che “ha fame” a mezzanotte mi chiama per chiedermi se anch’io avessi fame.

Ne consegue che cuciniamo e mangiamo spaghetti con ragù nel deserto del Mojave (California) in piena notte, oltre alla cena gustata qualche ora prima.

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Il genitore è un lavoro (o un servizio alla società) sempre più complesso. A volte (spesso) richiede di svolgere un lavoro sporco.

Ultimamente ho sentito che delle prime classi in un turistico (scuola superiore) a Milano hanno subito bocciature fino al 34% e i rimandati sono un valore pari al 60% per cui i promossi sono talmente pochi che le seconde dovranno nascere per forza di cose da accorpamenti.

Apprezzo questa selezione che purtroppo non è di tutte le scuole.

Nelle seconde classi le bocciature scendono al 16% per cui nel biennio il numero di studenti che ha iniziato l’iter formativo scolastico insieme, viene ridotto della metà.

In tutto, su 25-26 studenti che hanno iniziato la prima classe insieme, solo 4-5 arriveranno alla maturità. Era così 40 anni fa ed è ancora così oggi.

Ripeto che apprezzo questa selezione, mi dispiace solo che non sia la regola in tutte le scuole italiane dove i presidi sono molto preoccupati di bocciare poco per salvaguardare i numeri di iscritti anziché la qualità dell’adolescente in formazione.

Come genitore, sto assistendo uno dei miei figli alla maturità. Quanto mi disturba e duole (provo dolore) è constatare come mio figlio abbia studiato poco rispetto ciò che avrei voluto. Non padroneggia la matematica e si trova in difficoltà nel discutere i fondamenti della sociologia classica per perdersi nel collegamento filosofico tra l’inizio del Novecento e i nostri giorni. Impacciato su Freud (qui in casa nostra non posso dire che sia a cena ogni sera tra noi, perchè si alterna a Bauman e Kurt Lewis) ancora non sa scrivere d’italiano come si conviene a un ragazzo che è costato allo stato 6.500 euro all’anno (tale è il costo di ogni studente iscritto nel bilancio dello Stato).

Mio figlio afferma che apprezza le ragazze. Ve bene, ci potrebbe essere di peggio ma sono costretto, come genitore a svolgere quel lavoro sporco che non piace a nessuno. Si tratta di spiegare a un figliolo di 19 anni che a una ragazza si danno certezze e non emozioni confuse, che la sessualità è un sistema di comunicazione intimo e profondo per parlare all’anima anziché restate disorientati dalla sola pelle, che la passione è uno spartito di Dio dove scrivere il futuro invece che una ubriacatura.

La signora, con la quale ho discusso di questo poco fa di tutto ciò, dice che pretendo troppo. Ha ragione, è vero! Come genitore, ovvero ex ragazzo, devo anche ammettere che sono preoccupato da quel 42% tra separazioni e divorzi che grava sulle coppie reali in Italia (al 45% negli Usa) e da quel 60% d’esplosioni che avvengono contando sia le coppie reali che di fatto. Mentre il primo dato è di fonte Istat, il secondo è stimato.

Come genitore, quindi vecchio adolescente, mi terrorizza il 44% di disoccupazione giovanile e intimorisce il 12% come media nazionale della disoccupazione in genere. Il lavoro, secondo me, lo si trova se si hanno idee, ma le idee nascono dallo studio. Qui casca l’asino (mio figlio).

Mi tocca quindi tagliare su quel giocattolo tanto di moda (il cellulare) che lo distrae. La tentazione è d’usare il martello per schiantare diversi centinaia di euro di cellulare (il mio è costato 49 euro qualche anno fa e funziona benissimo come telefono!) ma al massimo chiudo in un cassetto il giocattolo-cellulare, quindi devo anche lottare sul rientro notturno, non oltre le 24 e chiedergli quanto ha studiato, discutendone a tavola, nella cena, come ripasso. Quindi dal TG prendere spunto per argomenti di cultura generale.

Che faticaaaaa! Fare tutto questo senza essere neppure apprezzati. Povero e ingrato questo mestiere di genitore.

A ben guardare le donne, le mamme possono dire di più e peggio e io mi lamento solo adesso e per così poco.

Perché siamo giunti a un rapporto così poco collaborativo tra il genitore e la prole? Il ragionamento si fa complesso. Come ho scritto in diversi studi già apparsi (sezione di studi sociologici) la giusta emancipazione femminile, a partire dalla fine della prima guerra mondiale, ha portato al cedimento dell’asse educativo nella famiglia con un minore impatto d’educazione sulla prole, la quale si è sentita sia tradita sia abbandonata (che non sia vero è discutibile perchè vale la sensazione da cui derivano comportamenti reali). Nulla da dire sul giusto ruolo della donna nella società, è quello che vogliamo come espressione della nostra cultura di occidentali, questo però ha scatenato una serie di generazioni di figli “soli”. I figli soli sono diventati a loro volta genitori, che si sentono soli da cui le crisi coniugali e lo scadimento generalizzato dell’amore nella nostra società. Come se ne esce?

Credo che la cultura (qualcosa di non moda in questi ultimi 20 anni in particolare afflitti da una presunzione senza precedenti nella storia occidentale) sia una buona via d’uscita come le buone amicizie, quelle che ti fanno crescere. Peccato che il genitore non riesca facilmente ad essere un amico per i figli, specie quando gli tocca il lavoro sporco dove in realtà, si rivela l’amico più sicuro e fidato che la natura abbia potuto assegnare ai futuri uomini e donne del mondo che verrà. Tutto potrà tradire questi ragazzi, tranne il genitore, che se le sente di svolgere anche il lavoro sporco.