Colonialismo italiano, un argomento che scotta ancora. 

Che peccato sia così difficile ragionare, in Italia, sul colonialismo. Il motivo risiede nella pessima scelta che quasi tutti gli storici italiani hanno sviluppato parlando di colonialismo, insistendo nella critica al fascismo. In pratica non si riesce a ragionare su un argomento preciso, appunto il colonialismo, senza criticare per forza di cose il regime fascista. A parte il fatto che il colonialismo italiano si sviluppa per 60 anni, tra il 1880 e il 1940, interessando almeno 2 forme di governo, quella liberale e il fascismo, per cui non si comprende la concentrazione critica su solo uno dei due periodo storici. Detto questo, resta aperta la necessità per un serio e oggettivo studio sul colonialismo italiano.

Chiarita la premessa cerchiamo di fare il punto:

a) il colonialismo italiano si è sviluppato per 60 anni;

b) nel periodo 1860-1990 sono emigrati dall’Italia 27 milioni di persone;

c) esistono diverse forme di colonialismo. Quello britannico (esteso 16/17 volte di più di quello italiano) ebbe per missione trasformare la popolazioni autoctone in consumatori di prodotti inglesi. Il colonialismo francese puntò a trovare nuovi francesi nel mondo (per combattere la differenza di popolazione con la Germania, tra gli 80 milioni di tedeschi e i 60 francesi). Il colonialismo italiano, al contrario da tutti, cercò terra per i suoi emigranti e fu per questo definito da Lenin un colonialismo per straccioni. Ne consegue il totale disinteresse italiano per le popolazioni locali, che son sarebbero dovute diventare né nuovi italiani nè consumatori di un’industria nazionale ancora tutta da sviluppare;

d) il colonialismo italiano fu l’ultimo in ordine di tempo sviluppato nel mondo Occidentale, per un motivo semplice: l’unità della Nazione si concretizzò solo a partire dal 1861 e in particolare dal 1870 c0n la presa di Roma. Infatti l’avventura coloniale nazionale parte dal 1880;

e) l’avventura coloniale italiana fallì la sua missione (dare una casa a milioni di disoccupati italiani) per 2 motivi: l’asprezza del territorio sia in Libia, come in Eritrea in Somalia e in Etiopia e di conseguenza il basso coinvolgimento degli italiani. Infatti nel 1941 dalle colonie tornarono in patria solo 150mila persone e 50mila vollero restare. A conti fatti, escludendo la componente militare e amministrativa governativa,  l’esperienza coloniale è stata capace d’interessare un numero esiguo di connazionali rispetto le aspettative. Va notato come i francesi, che rientrarono in Patria per la decolonizzazione, furono ben 1 milione e 800mila persone! Sono cifre sulle quali è opportuna una riflessione per capire l’ordine di grandezza che c’è tra il colonialismo italiano e quello degli altri paesi occidentali;

f) le fonti pubblicate sull’argomento che tendono normalmente a un ragionamento fazioso e volutamente piegato alla critica politica sono:

  • Roberto Battaglia che pubblicò nei tardi anni Cinquanta il libro: La prima guerra d’Africa
  • Angelo Del Boca che lanciò alle stampe nel 1965 il testo: Guerra d’Abissinia
  • gli studi di Giorgio Rochat sulla repressione in Cirenaica (Libia) e conseguenti all’attentato a Graziani (in Etiopia)
  • ancora Del Boca nel 1995 con studi sulla campagna d’Etiopia
  • Oltremare di Nicola Labanca, pubblicato nel 2002

L’errore di fondo di tutti gli storici qui citati, particolarmente impegnati nel denunciare l’uso di gas e sterminio verso le tribù locali da parte dell’esercito italiano, sta nel non aver capito il disinteresse nazionale verso le popolazioni e la reale missione che la colonizzazione avrebbe dovuto assolvere: dare una nuova casa agli italiani disoccupati. C’è un affanno da parte dei diversi Rochat, come Del Boca e infine Labanca, nel cercare di demolire la visone degli italiani “brava gente” rei di limitati (geograficamente tali) stermini a danno delle tribù locali. Hanno ragione, ma anche perso la visione d’insieme che avrebbe dovuto assolvere il colonialismo italiano. A cosa servono degli “storici” se si fermano su un aspetto, per quanto deprecabile, condizionando l’intera visione d’insieme dell’evento?

Deludente in particolare lo studio del testo “Oltremare” di Nicola Labanca. Il libro si divide in 2 aree distinte: una storica (molto critica verso gli italiani) e una sociologica, interrogandosi sulle finalità del colonialismo italiano (spietata verso il fascismo in particolare). La somma delle 470 pagine è oggettivamente interessante ma povera verso la fine, dove dimostra apertamente una contraddizione. Labanca insiste sullo scopo del colonialismo che sarebbe l’unione tra culture diverse, quella dei locali con gli occidentali. Questa tendenza, che è già stata degli inglesi e dei francesi, è invece completamente assente nello spirito e missione del colonialismo italiano. Ne consegue una feroce critica al fascismo e alla Repubblica Italiana, uscendo fuori tema, rivelando così un tono polemico spesso irritante. E’ un peccato che un’opera di così grande ampiezza si riduca a un comizio, quando invece servono studi oggettivi e rispettosi anche verso chi sbagliò.

In riferimento agli errori commessi, tra i tanti merita sia ricordato uno in particolare. Il Duce, Mussolini, inviò un geologo in Libia per cercare l’acqua. Lo studioso nella sua relazione scisse: non c’è acqua all’interno della Libia solo petrolio. Mussolini archiviò il rapporto perchè non trovò quanto gli sarebbe servito per insediare le famiglie italiane in quell’area. Un errore di questo tipo e altri commessi, ha ovviamente comportato la fine del Fascismo. Resta solo da immaginare cosa sarebbe accaduto nel contesto del colonialismo italiano, se al posto di terre da arare o l’acqua, si fosse capito l’importanza del petrolio. Oggi, forse avremmo un tono completamente diverso nel discutere dello stesso argomento, non limitandosi più a fatti che per quando deprecabili, vengono insistentemente valorizzati per diffamazione nazionale. Il punto non è se gli italiani siano brava o cattiva gente: va invece capito finalmente il senso e la finalità (la missione) che ebbe il colonialismo italiano, che per quanto straccione possa essere (vedi Lenin)  fu realizzato con uno scopo dimenticato da ogni studioso: evitare che gli emigranti italiani si disperdessero tra l’America, l’Australia, l’Argentina e il Canada. Tutto qui. La missione fallì per l’oggettiva povertà del terreno e per la non valorizzazione dell’unica materia prima estraibile dal posto: il petrolio. Onore e rispetto a chi tentò pur fallendo.