La gestione sociologica dell’insoluto

di Giovanni Carlini – esperto di marketing e sociologia


Le premesse al 2010


Un doveroso ringraziamento a tutti i lettori che nel 2009 hanno permesso a questa rubrica di vivere in quanto, grazie ai più interventi e richieste d’approfondimento pervenute in Redazione, l’appuntamento ora passa da quindicinale a settimanale.
Considerato l’impegno nel lavorare di più, l’Editore sollecita che vengano studiati, a favore dei lettori, degli argomenti “che non possiede nessuno” aprendo così non tanto sperimentazione pura (ogni cosa è sempre la conseguenza di altre che ne hanno permesso il formarsi) quanto una forma di giornalismo al servizio del lettore (spesso la stampa segue un suo percorso, diffondendo un modo di vedere la realtà che non corrisponde ai fatti – vedi querelle sulla crisi che è finita o sta proseguendo)
La gestione sociologica dell’insoluto: un caso concreto
Fedele allo scopo: scrivere per portare idee immediatamente applicabili in azienda, si apre l’anno con una questione gravissima: la piaga dell’insoluto.
Seguendo giornalmente un’impresa che commercializza alluminio, noto livelli per mancati pagamenti programmati pari al 60% in alcuni mesi (ottobre 2009) A settembre, quando entrai per servire questo cliente, tra i tanti aspetti, gli insoluti erano nell’ordine del 50-40% provocando a loro volta una crisi nella gestione bancaria della liquidità. In 4 mesi, non perché sia bravo, ma solo applicando normali tecniche di comunicazione con i clienti, i mancati incassi di gennaio dovrebbero attestarsi al 25% per cui si spera di scendere ancora a febbraio e così via. Cos’è accaduto, che sia vero che la crisi volga alla fine e quindi stia scomparendo anche quella di liquidità? 

Passeggiando per il centro di Milano il 31 dicembre

Anche le mogli vanno fatte contente (per carità, sempre!) quindi il 31 dicembre non ho lavorato, ma passeggiato per la mia Milano. Andiamo da “Mauro”, libreria che da 56 anni serve la città e la troviamo chiusa. Un cartello affisso sulla vetrina dice: ci spiace.. Proseguiamo per il centro e passiamo davanti a Giovenzana, negozio di articoli fotografici attivo da 40 anni e lo troviamo chiuso. Un annuncio sulla vetrina dice: ci hanno traditi. Rapidamente mi porto alla Libreria Scientifica dove compro libri da 25 anni e la trovo aperta! Entro e chiedo: come va? Il Signor Cortina risponde: con un calo inferiore al 15% riusciamo a reggere. Ovviamente compro più libri che posso a titolo di solidarietà (la moglie critica perché non sa più muoversi in casa dai troppi testi) Allargando la panoramica, se la TV afferma che il calo del settore auto è solo dello 0,17% scrivendo per riviste di meccanica si parla di un -50%, quindi la siderurgia al -25% e il mio cliente, quello dell’alluminio è al -18%, oltre all’editoria sotto del 30%. Poca cosa rispetto a come abbiamo vissuto i primi 4 mesi del 2009 ma non in grado di poter pensare che sia finita. La sensazione infatti è che la strada sia lunga.
Fissato il contesto che si fa? Gestire l’insoluto
Definire sinteticamente la situazione nella quale ci si muove è un’azione strategica, ovvero non si può andare avanti senza averla immaginata, quindi pensata, sintetizzata e trasmessa a qualcuno sperando che condivida. Se questo avviene “il contatto è proficuo”.
Non è possibile parlare a qualcuno senza preoccuparsi di cosa questi comprenda, condivida e pensi dopo aver ascoltato quanto da noi detto. La stragrande maggioranza delle persone parla senza preoccuparsi minimamente di essere ascoltati; parla e basta! Noi non dobbiamo cadere in questo errore. Il primo concetto da far proprio è quello di rendersi conto di chi ascolta (se è disposto a farlo) e di come dobbiamo spiegarci per farci capire. Se questo passaggio non è stato recepito serve tornare indietro a rincominciare tutto da capo. Quindi serviranno argomentazioni diverse per persone diverse. Mai parlare nello stesso modo a interlocutori con estrazioni, cultura, età e prospettive non comuni tra loro; il prezzo da pagare è quello di non essere capiti.

Conclusioni

Per creare “comunicazione” servono argomenti condivisi espressi in forme tali che chi abbiamo di fronte possa recepirli. La gestione dell’insoluto è solo espressione di un difetto di comunicazione, nel senso che non abbiamo saputo creare un rapporto con il cliente, il quale scegliendo chi non pagare lo ha fatto verso quello che conosce da più tempo, con cui ha più confidenza e quindi si può “permettere” una divagazione. Se questo concetto è chiaro allora servono persone, che in azienda siano addestrate a comunicare in forme corrette e queste non sono, solitamente gli amministrativi. Quindi far gestire l’insoluto all’ufficio amm.ne è il primo errore che va corretto, per una sana comunicazione verso il cliente.

 

 

La gestione sociologica dell’insoluto 2

di Giovanni Carlini – esperto di marketing e sociologia

Non far gestire l’insoluto all’amministrativo
Nella mia vita passata ero ragioniere e ho svolto il ruolo di direttore amm.vo per 17 anni, gestendo 10 milioni di euro per ogni esercizio, quindi non posso e voglio sminuire il ruolo degli amministrativi! Però resta un dato di fatto, chi “fa di conti” non è stato addestrato nel “comunicare” con il cliente. Di conseguenza far gestire un problema di contabilità (in particolare l’insoluto) a personale non adeguato, significa guastare il rapporto ottenendo risultati mediocri.

Il cliente in crisi di oggi sarà ancora il cliente di domani

Philips Kotler (padre del marketing moderno) è molto chiaro su questo argomento: perdere un cliente costa 17 volte il prezzo per acquisirne uno nuovo. Questo vuol dire che le difficoltà di oggi non saranno quelle di domani e rovinare un rapporto adesso, significa sicuramente non averlo nel futuro. Con questo non si può restare sotto ricatto di alcuno. Ad esempio, ho un cliente nell’area di Brescia, che fattura 80 mil di euro con 50 dipendenti nel settore dei mangimi. Ebbene, lui ha deciso di dimezzare il fatturato per “non aver problemi d’insoluti”. Si tratta di una procedura ormai avviata da 6 mesi che ha dato i suoi frutti, ma sta lavorando su una “formula” (combinazione di proteine e sostanze chimiche) tale che quando la crisi sarà finita (tra il 2011-2012) il mercato verrà a lui chiedendo nuovi prodotti e soluzioni. Ecco che la drastica riduzione del fatturato per evitare mancati pagamenti programmati, ha un senso se diventa parte di una politica commerciale. In questo caso c’è la ricerca & sviluppo su nuovi prodotti, in altri potrebbe essere l’apertura di mercati su cui espandersi o semplicemente da presidiare con soluzioni innovative, ma la presa di posizione secca; “riduco il fatturato” non è mai solo una scelta fine a se stessa. Con quanto appena detto si inviata tutti a non piegarsi ai ricatti del tipo: se non mi dai la merce non posso fatturare e quindi pagarti nuovamente. Allo stesso tempo però non scordarsi che questa situazione d’obiettiva carenza di liquidità (per incapacità di gestione manageriale delle banche) avrà una fine.

Il caso concreto


Il cliente (in male fede dice: se non mi dai la merce non posso lavorare e quindi non ti pago l’arretrato) Nel caso concreto chi afferma ciò, ha aperto la ferramenta al figlio con i soldi che avrebbe dovuto pagare al mio cliente. Quindi qui la cattiva volontà è manifesta, tanto che merita di fallire. Comunque sul piano più generale, la buona fede va sempre presa in considerazione. Ciò significa che a fronte di un insoluto di 100, il cliente può sempre rilanciare per il 25 o 50 come 75% del dovuto. In assenza di questa manovra, si ricade nella “cattiva fede per cui merita il fallimento”.
Tornando a chi gestisce in senso pratico l’insoluto
Per fare questi discorsi al cliente serve una funzione che si chiama “customer care” ovvero di una cultura fra mezzo tra il commerciale e l’amministrativo. Nulla di particolare; s’individua una personalità adatta a comunicare, addestrata in ciò ma che sappia anche fare 4 conti e tenere una contabilità clienti in senso sia di marketing che contabile. Solitamente sono donne, età media il cui ciclo d’addestramento è di 2 o 3 giorni e la prova sul campo impegna per un mese. I ritorni applicando questa strategia comunicativa sono, in genere, importanti.

La scheda cliente

Tutto quanto qui detto ruota intorno a una scheda cliente che non è quella amministrativa! Mi rendo conto d’andare qui a definire una nuova prassi commerciale, ma del resto quando interrogo i direttori commerciali in fase di consulenza, sapeste che povertà d’argomenti che incontro oltre alle loro eccessive giovani età. Tornando alla scheda cliente questa va definita per stagioni di relazione e connesse argomentazioni, nel senso che in genere ci sono almeno 4 fasi a cui seguono altrettante procedure di presentazione del prodotto, di numero in visite effettuate nel ciclo (solitamente di 30 o 45 gg) e tecniche di presentazione del proprio marchio (normalmente ispirate al win to win)

Conclusioni alla puntata 2


L’assenza di un servizio di customer care, l’adozione di una scheda cliente di marketing e quindi di una nuova politica di comunicazione aziendale (incarnata dagli agenti di vendita) portano l’azienda a gestire dei costi di sopravvivenza troppi alti per poter evitare un’agonia che monotonamente si conclude con un fallimento (o concordato preventivo al 10% come oggi di moda) Un serio imprenditore non vende soltanto, ma sa anche incassare e lo insegna ai suoi facendo scuola o accetta di farsi aiutare. 

 

La gestione sociologica dell’ insoluto 3

di Giovanni Carlini – esperto di marketing e sociologia


La Redazione attende riscontri su questa iniziativa
C’è sempre un rischio quando si affronta un tema entrando in profondità: quello d’annoiare il lettore. Considerato che qui di fatto si sta svolgendo un “corso di recupero crediti a puntate”, il che è un passaggio nuovo per il “portale della siderurgia italiano”, chiedo ai lettori di prendere posizione con la Redazione. Quello che si attende sono considerazioni e pensieri su questa nuova linea editoriale, maggiormente aziendalista, rispetto a quella del 2009 che era più tesa al punto della situazione. Non che non si scriva più sul contesto generale ma certamente qui, con spunti di questo tipo, siamo decisamente entrati nel vivo della vita d’impresa. La Redazione attende riscontri.


La scheda marketing del cliente


Su 34 telefonate d’approfondimento pervenute in Redazione in esito a questi articoli, ben 25 si sono rivolte alla scheda clienti, mentre le restanti si sono concentrate sulla figura di customer care di cui abbiamo parlato. Nel dettaglio ci hanno chiesto se avevamo nominativi di persone addestrate a svolgere il ruolo. Rammento quanto sia più facile addestrare quei dipendenti che già si hanno in servizio, senza comunque escludere nuove assunzioni capaci di portare idee e spunti originali in azienda (se la scelta è stata fatta adeguatamente).
Tornando alla scheda cliente questa si distingue, normalmente in 4 parti. 
La prima è quella più dura e crudele per l’impresa. Qui noi che vendiamo siamo in “soggezione”, ci mettiamo in fila con il cappello in mano e attendiamo il nostro turno. Pazientemente rispondiamo al cliente per quanto ci è stato chiesto (non lo inondiamo d’offerte strepitose) praticando prezzi al limite della convenienza. In questa prima fase, che dura in genere 6 mesi, chi “vince” è il nuovo cliente che ottiene assistenza, prodotto, prezzi e offerte, ma senza “svenarsi” da parte nostra. 
A questa prima fase ne segue una di stabilizzazione (durata media 6-12 mesi) dove conta il servizio che si offre, dimostrando di saperci essere quando chiamati. In questa lunga fase non vince né lui ne noi. Finalmente arriviamo alla terza fase, dove il cliente (dopo 18 mesi in genere) finalmente ha capito che per far bella figura ha bisogno di noi. Questo lungo periodo è quello definito con il win to win, ovvero per “vincere” il nostro cliente ha bisogno delle soluzioni che gli offriamo e noi acquisiamo altri clienti grazie al suo lavoro. In questo stato di grazia i prezzi si alzano, ma sono accettati. La durata di questa “luna di miele” è per degli anni, la cui quantificazione dipende dalla qualità dei commerciali che ci hanno lavorato sopra e dal rapporto prodotto/qualità/prezzo. 
A questa terza fase si accavallerà quella di fine relazione, dove si tenteranno dei recuperi (soprattutto agendo sulla leva del prezzo) ma il rapporto, in genere, finirà.
Ogni fase di gestione del cliente comporta l’applicazione di un listino suo specifico, quindi di una tempistica e frequenza di visita applicando schemi di argomentazioni diversi, la cui confusione compromette il trattamento del cliente e quindi il naturale svolgimento delle diverse fasi.
E’ giocoforza che è nella terza fase e nella sua lunghezza di tempo che l’azienda venditrice trova il suo maggiore tornaconto, per cui qui si giustifica quella frase usuale che il direttore commerciale scaglia verso i suoi agenti strigliandoli: “ti ho dato un cliente da “x” euro e quanto mi hai portato?”

Conclusioni alla 3° puntata


In ogni fase della vita c’è una stagione; nello stesso amore di coppia si alternano momenti che bisogna imparare a gestire, altrimenti subentra “la crisi”. Il rapporto con il cliente è paragonabile a un corteggiamento, nel quale ci facciamo cercare quando sappiamo d’avere qualcosa di necessario al nostro partner e attendiamo che il tempo maturi. Certo l’attesa rischia d’essere logorante, ma per questo è bene avere tanti clienti da seguire nelle loro diverse fasi di gestione. Ecco che serve un ufficio specifico per dirigere la strategia: quello di customer care alle dipendenze dal direttore commerciale in aperta sinergia (se non con doppia dipendenza) dal marketing. Il customer care, in tempo reale, segue gli agenti nelle loro 30 o anche 35 visite settimanali e avvisa: “il cliente è nella terza fascia, puoi spingerti fino a questo prezzo con pagamento a tot giorni, vediamo cosa sai spuntare, ti ricordo che la volta scorsa gli hai detto questo, ora applica quanto concordato, buon lavoro, attendo il tuo report in tempo reale!”