Anche se D’Annunzio fosse stato fascista cosa cambia nella nostra considerazione verso l’Autore? Nulla!

Giorni fa è stato pubblicato un nuovo libro sul D’Annunzio che ne celebra la sua capacità d’avanguardia in termini culturali: amore libero etc. Chi scrive questo testo è un Maestro del pensiero letterario d’inizio Novecento, Giordano Bruno Guerri, tutt’ora vivente.

L’opera di Guerri, appena pubblicata, ha il seguente titolo: Gabriele D’Annunzio: la vita come opera d’arte. Il testo costa 25 euro e rotti, edito da Rizzoli, in libreria dal 18 aprile 2023.

Giordano Bruno Guerri, intervistato in televisione sulla sua ultima opera, s’è affannato nello spiegare che Gabriele D’Annunzio non fu assolutamente considerabile un fascista. Una parte importante dell’intervista è rimasta intrappolata su quest’aspetto; che peccato!

Ora sorge una riflessione. Anche se  D’Annunzio fosse stato Fascista (e lo era) cosa cambia nella considerazione del Vate da parte di noi comuni mortali?

Per fare chiarezza ci sono stati 2 modelli di Fascismo: quello nazionale/nazionalistico, irredentistico, poetico e culturale, in grado di richiamare lo svecchiamento della Storia attraverso la velocità (vedi istituzione dell’Aeronautica come arma), la considerazione della donna nella società e stile architettonico (e non solo). Al fascismo culturale, incarnato da Gabriele D’Annunzio, ci fu anche il fascismo politico (che è stato prevalente nei fatti e atti, ma non nelle idee) impersonato da Benito Mussolini.

A questo punto ci sono 2 dimensioni del Fascismo, quello culturale quale rinnovamento della Storia e quello politico.

Sul Fascismo politico c’è poco da discutere: sconta la perdita della guerra e quindi l’oblio della Storia.

Relativamente al Fascismo culturale il dibattito è tutt’ora aperto! E’ stolto accusare il Fascismo culturale delle leggi razziali e delle asprezze dittatoriali, perchè vanno addebitate all’aspetto politico, ovvero nella responsabilità di Benito Mussolini.

Il ruolo della donna nella società dell’Italia Liberale, ad esempio, fu limitato a quanto Tucidide già ci ha ricordato nel IV° secolo a.C: ovvero un ruolo riproduttivo ed affettivo. Fu D’Annunzio a mitizzare la donna a Dea, Venere, espressione del massimo dell’emozione individuale accessibile a tutti gli umani e non più al solo nobile e “raccomandato dalla Storia”. D’Annunzio portò nell’accessibilità di tutti i sentimenti più intensi. Su tutto ciò, che attinenza ha la politica? Nessuno. Anche se D’Annunzio fosse Fascista, e lo fu, nulla cambia.

Per Tucidide il ruolo della donna nella società, limitato a solo 2 ruoli (quelli già indicati) passò con D’Annunzio a ben 5 complessivi (poi passati a 6 negli anni Sessanta)! I 5 ruoli della donna nella società preannunciati dal Vate furono, oltre ai primi due tradizionali, anche estetico, lavorativo e culturale. Su questo livello, che D’Annunzio fosse o no Fascista conta qualcosa?