Stress test non per gioco.

Ad alcune importanti realtà industriali italiane del settore siderurgico è stato offerto, in forma inconsapevole, uno stress test i cui risultati sono deludenti.


I termini del test da sforzo (anziché usare la traduzione inglese di stress test) sono stati così impostati:

– da un massimo di 30 giorni a un minimo di 15, i vertici aziendali avrebbero dovuto valutare se inserire a tempo determinato un professionista a costo zero, attivo sia nell’internazionalizzazione che nella gestione del fattore umano, finalizzato alla contrazione dei costi di gestione (nelle grandi realtà tale riduzione di spesa potrebbe giungere fino al 2% con personale addestrato e sensibile, mentre in aziende più piccole fino al 5%)

– il costo zero deriva dall’applicazione di fondi UE. Il bando ha una scadenza (30 giugno, ma il 10 era il giorno utile per avviare le richieste). Da qui lo spazio di tempo per decidere è stato limitato a un mese o poco meno;

– più specificatamente, l’azienda avrebbe potuto optare tra uno zero assoluto di spesa, se avesse accettato solo la formazione al suo personale o una spesa al 50% del costo industriale d’assunzione, nel caso fosse stata anche interessata a inserire, per 12 mesi, il formatore. 

– non è finita. Lo specialista si è offerto di scrivere un libro, nell’arco dei 12 mesi, dove si narra alla Nazione l’indispensabilità di quel certo prodotto realizzato nella società moderna (aspetto praticamente sconosciuto a tutti) aprendo a un parallelismo: benessere uguale civiltà (concetto ovviamente noto, ma spesso dimenticato). 
Da questo paragone, le diverse fasi di lavorazione avrebbero avuto «un volto», ovvero quello dei dipendenti dei più stabilimenti, conducendo il lettore a scoprire, verso il termine della lettura, quale azienda ha avuto l’ardire d’incarnare il senso d’industria in Italia;

– l’urgenza di un libro così concepito è facile da comprendere: se la Nazione fosse cosciente dell’indispensabilità di un tipo d’industria in Italia, è da questo sentimento che nasce l’interesse, quindi un peso politico e l’arrivo di fondi per la ricerca e sostegno.

Ebbene, di fronte a questa impostazione, alcune tra le più belle e autorevoli realtà italiane hanno risposto:

a) spiacente, abbiamo esaminato a fondo la proposta ma in 15 gg non riusciamo ad esprimerci; (l’amministratore delegato)

b) in questo momento (Il presidente) sono preso da impegni, ne parleremo a settembre;

c) un direttore generale afferma: il mio direttore del personale è entusiasta della proposta, ma io non ne sono convinto pur restando aperto a conoscere più a fondo le sue idee. Comunque non accettiamo la proposta;

d) un imprenditore afferma: per potermi muovere devo farlo di concerto con i miei altri 2 soci, ma in un mese non riusciamo a riunirci per ragionarci sopra, anche perché ci sono delle resistenze al nuovo che non gradiscono;

e) un presidente di società risponde: non so dove metterti e mio figlio non apprezza le novità;

f) 5 soci di una società affermano: non vogliamo persone nuove in azienda, quando è già faticoso per noi arrivare a un accordo.

Concludendo

La sensazione è che la nostra imprenditoria sia molto concentrata sul contingente, ma perda il quadro d’insieme, che poi è quello che influisce e determina la stessa sopravvivenza dell’azienda in Italia come all’estero. Probabilmente qualcosa sfugge e sarebbe necessario fidarsi di più dei propri collaboratori oppure, in alcuni casi, lasciarsi andare “al fiuto”, perchè continuando a ragionare in questo modo si resta provincia. 
Peccato che uno dei rami produttivi più importanti del Paese, non abbia il tempo di prendere al volo le opportunità in quanto 15 giorni, in era globalizzata, sono un lasso di tempo troppo limitato per un’azione a costo zero.