Abbiamo battuto i cinesi, quindi perchè recarsi in Asia se non per vendere?

Finalmente abbiamo battuto i cinesi, gente che costa 5 euro/h contro i nostri 26 euro ora. Ovviamente noi abbiamo la civiltà del lavoro che manca nella Cina comunista. Uno degli aspetti cruciali e a volte anche drammatici per la produttività del lavoro in Italia, è il suo costo. La delocalizzazione è stata praticata per più aspetti, ma soprattutto per evitare di pagare buste paga a quelle stesse persone che poi acquistano i prodotti realizzati senza il loro contributo. Il meccanismo funzionerà finchè non si ci sarà uno sciopero (o discriminazione dei prodotti) da parte dei consumatori. Ora nel distretto della rubinetteria a Gozzano, un imprenditore italiano ha dimostrato che si può lavorare, nel rispetto del costo del lavoro, a ritmi e costi “cinesi”; vediamo come.

I concetti fondamentali per dire che abbiamo battuto i cinesi 

Il distretto della rubinetteria e valvolame si trova a nord di Novara e come tutti i comparti produttivi italiani, si è fortemente impegnato, negli anni, per vendere macchinari e tecnologie ai cinesi, restandone a sua volta vittima. Descrivere storie di questo tipo, ormai è diventato banale, perché si mette il dito nella piaga. In pratica chi ha venduto l’arte del fare le cose, ai paesi emergenti, ha sicuramente egoisticamente incassato, ma anche tagliato le gambe alle generazioni future (i propri figli) costringendoli ad alzare notevolmente le loro capacità lavorative; però quest’azione di crescita si sviluppa su una piramide di competenze che costringe alla disoccupazione buona parte dei nostri ragazzi. A conti fatti, vendere ai Paesi emergenti “l’arte di fare”, è stato un fallimento per il sistema Italia, anche se remunerativo per chi ha svenduto le sue capacità. Qui va fissato un concetto: vendere non significa consegnare il futuro della propria generazionale attitudine a produrre, ma semplicemente giungere a un prezzo adeguato per il proprio bene realizzato.

Nello specifico

L’imprenditore Massimo Scavazzin è tale da 22 anni, 50 d’età, è figlio d’arte; dirige la sua omonima impresa nel distretto del rubinetto e valvolame, ha 10 dipendenti e fattura meno di 1 milione di euro. L’azienda non produce ma assembla, per la precisione compone parti di rubinetto assicurandone complessivamente un valore pari al’1,5%
La SM SCAVAZZIN lavora per il mercato locale, ma si sta spingendo nel cuore d’Europa, in Germania. La particolarità di questa piccola azienda è quella di riuscire a lavorare (non senza passione e difficoltà) su margini talmente risicati, da far invidia agli stessi cinesi!
Di questi tempi ci sono imprese, specie nell’edilizia che lavorano a guadagno zero e molte altre ambiscono al pareggio dei conti, quindi il margine potrebbe apparire un lusso nel biennio 2009-2010 per molti imprenditori. La SM SCAVAZZIN al contrario del ciclo economico negativo, ha sempre lavorato con dei margini “giusti”, per cui non risente di nessuna contrazione di mercato. Anzi, le perdite di lavoro del 2009, dovute alle alterne vicende di alcuni suoi clienti, sono state ripianate nel 2010 con alto fatturato.

Il segreto

Scavazzin è certamente un imprenditore e quindi anche un commerciale che visita costantemente i suoi clienti, ma oltre a tutto ciò, cura nel dettaglio il rapporto con la sua gente. Ebbene i dipendenti della SM SCAVAZZIN non sono “buste paga”, ma rapporti personali!
I più vecchi rapporti di lavoro risalgono a 20 anni fa, mentre il più recente è del 15 luglio 2010. Le frizioni ci sono come in ogni ambiente, ma vengono gestite immediatamente tra l’interessato, l’imprenditore e un paio di dipendenti “di lungo corso”; in questo modo c’è un sistema collegiale di relazione, analisi e giudizio sulle più problematiche.
L’azienda pecca di “lavoro a compartimenti stagni”, ma se una macchina si dovesse rompere durante l’attività, l’operatore interviene direttamente (perché addestrato) nel tentare di ripristinarne la funzionalità (riuscendoci). Si tratta di insacchettatrici come spazzolatrici, quindi linee di collaudo bilance e tavole rotanti, quindi non strumenti d’alta tecnologia, ma con la loro rustica efficacia.
Quando l’azienda, dove spesso le persone ci passano 10 ore al giorno, è vissuta come una parte di sé, allora i criteri di produttività cambiano confondendosi con il ritmo cardiaco. Se non ci fosse stata questa identificazione, con tutti i difetti e pecche del caso, non si sarebbero potuti assicurare gli 8.000 pezzi al giorno come i 5.000 o i 7.500.

Il calcolo del tempo

In SM SCAVAZZIN il tempo è denaro! Oltre al tratto con il personale un altro aspetto “critico” è la gestione del tempo. 1 ora significa tot pezzi da produrre. Il fatto che si evidenzi in rosso, a fine giornata, sulla scheda di lavoro a monitor, che si è andati sotto media è un “dolore” (perdita di produttività) che impone costantemente una revisione di tutto l’impianto.
Il non aver assicurato lo standard di pezzi prodotti su base giornaliera e se questo “incidente” dovesse ripetersi 12 o 14 volte in un mese ciò metterebbe a rischio l’intera filiera produttiva con vuoti di fatturato, per cui c’è un efficiente sistema di rilevazione “tempi e modi di lavorazione”, in grado di segnalare immediatamente all’interessato e all’imprenditore le anomalie.

Il magazzino

Un segreto importante su questo aspetto è l’organizzazione del magazzino. Solitamente è il cliente che fornisce alla SM SCAVAZZIN i pezzi da assemblare. Sembra semplice, ma non sempre l’intera commessa viene eseguita perché il cliente richiede in lotti, scaglionati nel tempo, le parti assemblate. Questo accavallarsi di fasi di lavorazioni impone una “ferrea” gestione di magazzino. L’operatore non deve perdere tempo nel cercare tra scatoloni per contare e trovare i pezzi che gli possono servire nel completare le fasi di assemblaggio. Se questo accadesse e fossero tolti preziosi minuti “all’ora di montaggio”, salterebbe il ritmo e quindi si perderebbe fatturato.
Si tratta di un inferno, ma che se ben regolato si trasforma in un purgatorio accettabile. Per garantire una pronta rintracciabilità del particolare da montare (spesso si tratta di rondelle o molle di piccole dimensioni) è stato istituito un magazzino principale, da cui prelevare una volta al giorno e un altro di primo livello, aderente all’area di produzione, dal quale si attinge costantemente durante l’attività. Per risparmiare sui costi, non c’è la figura del magazziniere, ma si va in “autogestione”. Esiste una figura, unica e trina che ripiana le giacenze tra magazzini, assicura le consegne ai clienti e lavora sulla tavola rotante (macchinario di recente introduzione destinato alla realizzazione di almeno 200.000 olivette anno)

Il sistema contabile

Ovviamente è attivo un sistema di contabilità industriale molto semplice, che descrive ora per ora, macchina per macchina i quantitativi prodotti, il tempo impiegato e la connessa fatturazione. Il fatto che il sistema sia “semplice quanto immediato”, è la base per poter capire al volo tutto quanto accade, “a colpo d’occhio”. Per questo l’imprenditore apprezza grafici e analisi excel da apporre a muro del suo ufficio, affinchè come entra, riesce subito a percepire le nuove tendenze in atto tra lavorazione e consegna dei pezzi. Il tempo è “tiranno”, anche per l’imprenditore.

Conclusioni, abbiamo battuto i cinesi

L’imprenditore Scavazzin, operando con margini che oscillano tra lo zero e il 20% riesce a dare redditività alla sua impresa, pagare gli stipendi, onorare i debiti e incassare. Forse non è una bella vita perché si è in trincea, ma questo lo rende giovane e particolarmente audace. Se il metodo di lavoro descritto sia da indicare come esempio, non è certo, ma sicuramente, a livello di distretto o se volessimo di “impresa Italia”, Scavazzin ha dimostrato quanto Pechino sia alla periferia di Novara, nei pressi del lago d’Orta. Una realtà di questo tipo così congeniata, rappresenta un valore aggiunto per il Distretto e l’intera Nazione. Ecco l’esempio da ricordare. Abbiamo battuto i cinesi.